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al testo di Teresa Cassani
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TRACCIA
Era una storia finita. Una di quelle con esito segnato fin dall’inizio; minata dall‘impossibilità, nella sua apparente o potenziale meraviglia. Lui refrattario ai vincoli, perseguitato dal timore di sentirsi pezzo di un sistema altrui. Lei avocata all’idealizzazione, con una carica passionale messa sotto censura. Anche se in sintonia per sensibilità e profonde esigenze affettive, il filo si era spezzato. Il ciclo si era compiuto. Lei non aveva insistito. Non l’aveva più cercato. Non aveva più cercato di incontrarlo. Ma continuava a inseguire i segni di lui nei quadri che lui, artista, esponeva ogni fine settimana dietro una porta a vetri di un locale preso in affitto. Per molti giorni dall’epilogo della storia, sul cavalletto della vetrina era rimasto esposto un vecchio dipinto già osservato più volte. Poi, improvvisamente, un mattino d’autunno aveva fatto la comparsa un olio su tela di notevole impatto emozionale. In una sorta di ammasso scuro, cupo e inquietante, che poteva essere il buio e il disordine dell’esistenza, nella parte inferiore dell’insieme, che indicava una strada, l’artista aveva disegnato un piccolo cerchio, o un anello, di colore giallo. Titolo dell’opera: Traccia. E il cuore di lei aveva accelerato i battiti, gonfiandosi d’attesa. Ma, dopo un’altra serie imprecisabile di giorni, l’autore aveva messo in vista sul medesimo cavalletto una lavagna bianca con la scritta: “Je suis en grève avec moi. Bonne vie.” E lei aveva trovato conferma, e interpretato : capisco la vita, so delle sue occasioni, doni e sorprese, ma io non posso impegnarmi oltre il privilegiante comprendere.
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